L’ultimo libro di Maurizio Molinari analizza lucidamente le strategie messe in campo da Xi Jinping e Putin per far implodere NATO e Unione Europea e trasformare il continente in terra di conquista. Il presidente turco Erdoğan, con la sua politica neo-ottomana, attacca da Est e da Sud per scalzare l’Italia dal suo ruolo centrale nel Mediterraneo. Come ai tempi della Guerra fredda, il Belpaese si trova di nuovo al confine tra i due fronti contrapposti.
L’attuale direttore della Stampa ha maturato una lunga esperienza come corrispondente da New York per quattordici anni e poi, per periodi più brevi, a Bruxelles e Gerusalemme. Conosce quindi molto bene la politica internazionale e usa uno stile diretto per presentare le sue analisi, saldamente suffragate da una articolata gamma di fatti. Cina e Russia hanno un peso mondiale diverso, soprattutto a livello economico, e interessi spesso non coincidenti, ma è indubbio che entrambi percepiscono le grandi difficoltà dell’Europa e intendono approfittarne con una strategia molto aggressiva.
Mosca e Pechino unite nella lotta
Secondo Molinari “Putin scommette su crisi militari lungo i propri confini – dalla Georgia all’Ucraina – per frenare l’espansione dell’Occidente, su interferenze politiche e religiose nei singoli stati democratici per portare lo scompiglio dentro le alleanze dell’Occidente, UE e NATO; Xi punta invece sulle grandi infrastrutture marittime e terrestri della Belt and Road Iniziative per realizzare lungo il percorso dell’antica via della seta una dorsale di investimenti capaci di trasformare l’Europa occidentale prima in un mercato per i propri prodotti e poi in una testa di ponte sull’Atlantico, anche grazie all’espansione aggressiva del 5G e ad altre tecnologie hi-tech, nelle quali Pechino è in vantaggio su Washington, proprio come avvenne a Mosca dopo il lancio nello spazio della sonda Sputnik nel 1957”.
La Cina ha elaborato un disegno strategico basato su tre elementi. Primo, aderendo all’organizzazione mondiale del commercio nel 2001 Pechino è riuscita a penetrare e insediarsi sui mercati senza rispettare le regole della concorrenza e della proprietà intellettuale, traendone un enorme beneficio economico. In secondo luogo, la crescita cinese si avvale delle nuove tecnologie, dall’intelligenza artificiale al 5G, e ha quindi la capacità di impossessarsi dello scambio dei dati nei Paesi occidentali. Il terzo punto illustrato da Molinari, ma taciuto con imbarazzo nelle discussioni internazionali, è un’aggressiva politica militare nei confronti dei Paesi vicini, con la militarizzazione di vari isolotti nel mar cinese meridionale, il che suggerisce un ritorno del nazionalismo nei vertici delle forze armate.
In modo simile, Putin ha dato prova di grande capacità di manovra perché ha affiancato alla già ricordata strategia militare una “guerra dell’informazione”, che si serve di hacker e di apposite sezioni del Servizio di sicurezza (non dimentichiamo che furono i gruppi Apt 28 e Apt 29 che resero di dominio pubblico le e-mail di Hilary Clinton e i documenti del Partito democratico statunitense durante le presidenziali del 2016) per favorire i propri obiettivi strategici. Oltre ad atteggiarsi a difensore della cristianità, nel tentativo di ingraziarsi i conservatori occidentali, Putin ha mostrato l’abilità di puntare anche sul soft power, un aspetto totalmente inedito nella strategia russa. “Per capire di che cosa si tratta–scrive Molinari- bisogna partire dall’orchestra moscovita che Putin fa suonare a Palmira, in Siria, nel maggio 2016, subito dopo la cacciata dell’Isis, e dall’inaugurazione del monumento al Soldato russo nella città israeliana di Netanya nel giugno 2012. Si tratta di due occasioni nelle quali la Russia viene celebrata come liberatrice: dei siriani dall’occupazione jihadista in un caso, degli ebrei dal campo di sterminio di Auschwitz dall’altro”.