L’invasione è una bufala, ma se l’Europa non affronta seriamente la questione migranti perderà l’anima

I fenomeni migratori sono molto discussi ma non conosciuti, né studiati. I migranti, brutti sporchi e cattivi, vengono utilizzati per definire la propria identità politica e per aggregare consenso. Il populismo fa volutamente confusione tra rifugiati e immigrati e ha inventato il mito fasullo di una presunta invasione di maschi neri che marciano in modo inarrestabile verso l’Europa. Un competente studio sociologico di Maurizio Ambrosini fa chiarezza sulle migrazioni e smaschera l’uso strumentale che ne viene fatto.

Un pregio importante del libro è il tono pacato e l’approccio scientifico, ben distante dalle fumisterie ideologiche, e basato sui dati più recenti a disposizione per scandagliare la complessa galassia del fenomeno globale delle migrazioni. L’autore sostiene inoltre che la causa degli immigrati non viene certo aiutata da argomentazioni secondo le quali siano i misfatti del colonialismo a provocare le migrazioni, perché il fenomeno è molto più complesso e va analizzato in modo integrato. Finora, agitare lo spauracchio di orde fameliche di neri ed estremisti islamici che sbarcano incessantemente sulle nostre cose, senza che nessuno intervenga a fermarli, ha generato consenso politico ma l’enorme choc della pandemia di Covid-19 ha costretto la popolazione italiana a fare in conti con la realtà e imparare ad assegnare un grado di priorità ai problemi.

Le cifre vere, oltre la fuffa propagandistica

I dati, abbondanti e disponibili a tutti con grande facilità, mostrano che non c’è stata nessuna invasione e che da cinque anni a questa parte c’è una sostanziale stabilizzazione della popolazione immigrata, che supera di poco i cinque milioni di persone, il che equivale all’8,7% della popolazione residente. Le migrazioni verso l’Europa, che nel 2015 avevano raggiunto picchi notevoli, “non sono state fermate dagli accordi con la Libia o dalla mano dura sugli sbarchi del primo governo Conte, ma dalla crisi economica che ha inaridito gli sbocchi occupazionali a cui avevano avuto accesso gli immigrati nei venticinque anni precedenti”.

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