Nel 1913, un giovane viaggiatore sta compiendo un’escursione sulle montagne della Vaucluse, nel Sud della Francia, quando si rende conto che si sta avvicinando la sera e che il villaggio più vicino è ormai irraggiungibile. Si guarda intorno e nota che il paesaggio che lo circonda è arido e argilloso, senza acqua, senza vegetazione, a parte qualche sparuto ciuffo di lavanda selvatica. Viene preso dallo sconforto ma, per sua fortuna, gli viene in soccorso Elzéard Bouffier, un pastore di una cinquantina d’anni che gli offre da bere e un riparo per la notte. Dopo aver consumato una parca cena, Elzeard, ormai solo dopo aver perso la moglie e l’unico figlio, compie una strana operazione e mette un mucchietto di ghiande sul tavolo di legno grezzo. Con grande meticolosità comincia a operare una selezione, eliminando quelle marce e controllando accuratamente quelle sane che vengono poi messe in un sacco.
La mattina seguente, affascinato dal solitario personaggio, il giovane viaggiatore lo segue e scopre che, una volta lasciato il gregge a pascolare, il pastore si allontana con una verga di ferro che usa come bastone e pianta nel terreno un centinaio di ghiande selezionate la sera prima. In tre anni Elzéard è riuscito a piantare più di centomila ghiande da cui spera di vedere crescere diecimila querce. Anno dopo anno, ha modificato il brullo panorama che lo circondava. L’Europa viene sconvolta dalla Prima guerra mondiale e poi da un conflitto ancora più drammatico che non impediscono però al tenace pastore francese di continuare imperturbabile la sua missione. Dopo aver combattuto nella Prima guerra mondiale, ogni anno il viaggiatore torna a visitare Elzéard e nota quanto sia cresciuto il bosco; il clima è cambiato, il villaggio prima abbandonato ha iniziato lentamente a ripopolarsi e tra le grezze case di pietra tornano a risuonare le allegre grida di bambini che giocano. Tutto questo per merito di una sola persona, ostinata, solitaria e tenace che dimostra come anche un singolo individuo possa cambiare il corso degli eventi. Il signor Bouffier ha un solo, grave difetto: non è mai esistito, poiché è semplicemente il personaggio centrale di un racconto allegorico scritto nel 1953 dallo scrittore francese Jean Giono.
Per molto tempo si è pensato che il viaggiatore fosse lo stesso scrittore e che il racconto fosse un episodio autobiografico. Nel 1957 Giono scrisse una lettera ai suoi lettori dove affermava:
Mi dispiace deludervi, ma Elzéard Bouffier è un personaggio inventato. L’obiettivo era quello di rendere piacevoli gli alberi, o meglio, rendere piacevole piantare gli alberi.
Il pastore francese è una invenzione letteraria, ma il suo messaggio potente rimane di enorme attualità, soprattutto in un momento in cui, ancora una volta, la discussione sulla guerra sembra dominare in modo ossessivo le nostre aspettative. Gli scienziati hanno spiegato che la sola riforestazione non è sufficiente per combattere l’aumento dell’anidride carbonica, ma sarebbe un’indicazione importante se venisse fatta a livello mondiale, come tangibile segnale di riscossa per affrontare il riscaldamento del pianeta. Nel 1872 il governo dello stato del Nebraska, negli Stati Uniti, decise di dedicare un giorno all’anno alla piantagione di alberi. Tale iniziativa si diffuse poi in Europa e, in Italia, la prima “Festa degli alberi” fu celebrata nel 1898, per iniziativa del ministro della Pubblica istruzione Guido Baccelli. Col passare del tempo, la manifestazione ha perso importanza anche se, a partire dal 2013, è stata nuovamente istituita per legge la “Giornata nazionale dell’albero” ma senza che a questa corrispondesse una seria volontà politica di andare oltre il mero aspetto celebrativo.
Insegnare ai bambini e ai ragazzi a sviluppare un corretto rapporto con la Natura attraverso la conoscenza diretta degli alberi è fondamentale per contribuire a creare una rinnovata sensibilità ecologica. Non dimentichiamo poi che gli alberi ci mettono in contatto diretto con il nostro passato storico. All’interno del parco delle Terme di Diocleziano a Roma è ancora possibile ammirare il cipresso piantato da Michelangelo più di cinquecento anni fa. A Magliano, in provincia di Grosseto, si staglia maestoso l’Olivo della Strega, un albero dalla struttura grandiosa che ha oltre tremila anni di vita. Il più antico albero italiano è un imponente olivo, di quasi quattromila anni, che si trova in provincia di Oristano e si chiama S’Ozzastru. Se è vero che gli alberi secolari ci mettono in contatto con la storia di chi ci ha preceduto, dovremmo ricordare che anche il nostro futuro dipende da loro e dalla nostra capacità di replicare lo spirito che animava Elzéard Bouffier.
Il grande poeta inglese John Milton, vissuto in un’epoca di feroci scontri politici e religiosi, affermava: “Chi uccide un uomo uccide una creatura ragionevole, immagine di Dio; ma chi distrugge un buon libro uccide la ragione stessa”. Cosa dovremmo allora dire dell’esercito israeliano e dei coloni che, per scacciare i contadini locali, entrano nei territori palestinesi e bruciano migliaia di olivi, spesso secolari? Dal 1997 questa pratica barbarica è stata ripetuta decine di volte, senza nessuna reazione da parte dell’opinione pubblica mondiale. Un effetto simile è prodotto dalla distruzione di enormi aree della foresta amazzonica, bruciate per far posto ad allevamenti intensivi che dovranno rifornire i gruppi internazionali del fast food, tra i peggiori inquinatori del mondo. Gli alberi sono creature viventi, di grande bellezza e fondamentali per la nostra vita sulla terra. Piantare un albero ha la stessa valenza simbolica di generare un figlio e rappresenta una scommessa sul futuro. La politica ne deve prendere atto con una strategia per migliorare la vivibilità delle nostre città e coprire di verde tutte le aree che si prestino allo scopo. Il tempo comincia a scarseggiare.
Galliano Maria Speri