La vita contemporanea non è più pensabile senza Internet, a cui facciamo ricorso per tutte le incombenze quotidiane, dalle più importanti a quelle più frivole. Gli utenti hanno però una percezione della rete come di un’entità astratta, eterea, inafferrabile. In realtà, oltre il 95 per cento delle comunicazioni e transazioni globali si muove attraverso un fitto intreccio di cavi sottomarini, landing station, data center e hub digitali. Le fibre ottiche trasmettono i nostri dati ad altissime velocità ma sono fisiche, possono subire guasti o sabotaggi e recidere i nostri contatti con il mondo. Un interessante saggio mette in luce come la sfera digitale sia divenuta una grande scacchiera globale dove si sta giocando una cruciale competizione internazionale.
La mattina del 17 novembre 2024 un cavo per le comunicazioni tra la Lituania e la Svezia è stato tranciato. Un incidente simile si è verificato al C-Lion, un cavo che collega la Finlandia e la Germania e si estende per 1173 chilometri affiancato ad altre infrastrutture vitali come le condotte per il gas e le linee per il trasporto dell’elettricità. Commentando l’accaduto, il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha definito “probabile” che l’incidente sia frutto di un sabotaggio, vista la rilevanza strategica del Mar Baltico in un momento di crescenti tensioni con la Russia. Lo stesso giorno dell’incidente il quotidiano britannico Guardian aveva riportato che una nave spia russa sarebbe stata scortata lontano da un’area con cavi critici nel Mare d’Irlanda. Sospetti simili sono stati sollevati verso il Yi Peng 3, una nave mercantile cinese che solcava il Mar Baltico nello stesso momento in cui sono verificati gli incidenti.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore
In effetti, gli “incidenti” appena riferiti rappresentano un caso da manuale nel nuovo saggio di Antonio Deruda che ci spiega come dopo terra, mare, cielo e spazio si sia affermata una nuova dimensione geopolitica: la sfera digitale. Qui diversi attori, ma soprattutto Stati Uniti, Cina e Russia, si affrontano senza esclusione di colpi perché parafrasando il vecchio detto «chi controlla il mare controlla il mondo» oggi possiamo affermare che «chi controlla la rete controlla il mondo». Questo scontro invisibile, che avviene nelle profondità dei mari, non è percepito dall’opinione pubblica semplicemente perché non finisce sulle prime pagine o in televisione, come avviene per le rovine fumanti in Ucraina o a Gaza ma, purtroppo, dobbiamo prendere atto che una vera a propria “guerra ibrida” è in corso ed è destinata a intensificarsi ulteriormente.
«Non a caso negli ultimi anni –scrive l’autore- le attività dei sottomarini, delle navi spia e dei finti pescherecci russi in grado di sabotare i cavi sono aumentate notevolmente in quelle aree del mare del Nord, del mar Baltico e del mar Mediterraneo dove si concentrano i cavi sottomarini più strategici». Preveggenza, sfera di cristallo? No. Deruda, coordinatore della comunicazione digitale della Presidenza italiana del G7 presso l’ufficio sherpa della Presidenza del Consiglio, ha semplicemente evidenziato la sottile linea rossa che collega episodi che si sono ripetutamente verificati e che, data la loro rilevanza strategica, devono essere conosciuti e studiati in modo sempre più approfondito.
La guerra in Ucraina ha dimostrato come sia fondamentale sviluppare le capacità di raccogliere informazioni, analizzarle in modo accurato, e fonderle capillarmente e in sicurezza alle forze sul campo. Il conflitto ha accelerato l’aggiornamento tecnologico di molte forze armate che già stavano investendo per ampliare il potere delle connessioni e rafforzare sia i processi decisionali sia le capacità operative di combattimento. Un contributo determinante alla resistenza ucraina all’invasione e alla guerra ibrida scatenata dai russi è stato fornito dalle grandi aziende tecnologiche che hanno realizzato o gestiscono le infrastrutture sulle quali poggia la rete. Il fatto è poco noto ma «pochi giorni prima dell’attacco russo, con una mossa che si è rivelata profetica, il Parlamento ha modificato le normative per consentire il trasferimento di oltre 10 milioni di gigabyte, dai registri di proprietà immobiliare agli atti societari, dalle cartelle sanitarie alle informazioni fiscali. Il progetto ha coinvolto 27 ministeri ucraini, 18 università e dozzine di società del settore privato tra le quali la più grande istituzione finanziaria privata dell’Ucraina, la PrivatBank. Una straordinaria prova di velocità, organizzazione e competenza tecnica».
Il celeste impero tesse la sua rete
Nel 2018 l’amministrazione americana ha istituito la Commissione per la sicurezza nazionale sull’Intelligenza artificiale (IA), con lo scopo di formulare raccomandazioni su come far progredire lo sviluppo dell’IA e delle tecnologie a essa associate per rispondere in modo completo alle nuove esigenze di sicurezza nazionale. I risultati dei lavori sono stati pubblicati in un rapporto di 756 pagine che, in sintesi, afferma che gli Stati Uniti non sono sufficientemente preparati a difendersi e a competere contro la Cina nel campo dell’IA. Pechino ha investito e continua a investire somme enormi nello sviluppo di quella che è la nuova frontiera non solo della scienza ma anche della strategia bellica del futuro, come è dimostrato dalle immani distruzioni compiute a Gaza dall’esercito israeliano che sta facendo ampio ricorso all’IA per i suoi bombardamenti in quella sfortunata area del mondo.
Alcune operazioni antiterrorismo e varie azioni militari in Ucraina hanno evidenziato come l’alto
livello di letalità delle armi autonome derivi in buona parte dalla velocità e dalla precisione garantite dall’Intelligenza artificiale, senza nessun intervento umano. Certo, il numero di vittime collaterali è enorme ma questo non sembra preoccupare troppo gli israeliani e nemmeno i cinesi si mostrano molto sensibili sull’argomento. Pechino usa sempre un tono molto dialogante ma, nei suoi laboratori, continua a sviluppare incessantemente nuovi sistemi di IA per uso militare. Nel 2015 il Libro bianco della difesa sottolineava il cambiamento in atto verso nuove forme belliche e poneva già le basi del New Generation AI Development Plan, un documento strategico pubblicato nel 2017 nel quale la Cina si è posta l’obiettivo di diventare la principale potenza dell’IA entro il 2030.
Data la velocità dei progressi cinesi, questo obiettivo diventa realistico perché se è vero che il predominio delle aziende americane è ancora schiacciante in tutti gli ambiti di Internet, Pechino ha fatto passi da gigante anche nel conquistare fette di mercato crescenti. Ricordiamo che da due anni a questa parte «l’applicazione di social media più scaricata in tutto il mondo è stata TikTok, di proprietà dell’azienda cinese ByteDance. L’e-commerce b2b (Business to Business) è dominato dal gigante Alibaba. Tencent è leader mondiale nel settore dei videogiochi. Sono alcuni esempi di colossi che sono nati e cresciuti nell’Internet cinese, ma che successivamente si sono affacciati sui mercati globali soppiantando in alcuni casi le aziende occidentali».
Pechino ha fatto enormi progressi anche nel settore della costruzione e della posa dei cavi sottomarini grazie alla HMN Tech (un tempo si chiamava Huawei Marine Networks, ma è stata ridenominata per non enfatizzare troppo i suoi legami col governo cinese). La HMN Tech è diventata un colosso internazionale tanto che tra il 2018 e la fine del 2022 si è diviso il 32% delle installazioni di cavi in tutto il mondo con l’americana SubCom. Il problema è che «in teoria durante la costruzione o la posa sarebbe possibile inserire all’interno del cavo un potenziale elemento di vulnerabilità, quali ad esempio le cosiddette backdoor, ossia codici o serie di comandi che consentono di accedere ai dati. Sulla carta HMN Tech non controlla direttamente nessun cavo nel mondo, ma secondo un rapporto della Federal Communication Commission americana ha costruito o riparato un quarto dei cavi funzionanti a livello globale». Ci sono stati ripetuti incidenti in cui, per un certo numero di ore, il flusso di dati importantissimi è stato indirizzato verso server cinesi e questo fatto consiglia di ridimensionare il ruolo cinese in un settore delicatissimo come quello dei cavi a fibra ottica.
E l’Europa? Nell’ambito di una sua strategia digitale la UE ha messo a punto un piano di sviluppo infrastrutturale internazionale da 300 miliardi di euro stanziati fino al 2027 che mira ad aumentare la connettività dell’Europa con il resto del mondo, in particolare con i Paesi emergenti. Per alcuni si tratta di un’alternativa alla Via della seta digitale cinese che l’Unione Europea vuole offrire a determinate nazioni chiave per evitare che finiscano nell’orbita tecnologica di Pechino. Un piano ambizioso che si incrocia anche con la Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII), lanciata al vertice tedesco del G7 nel 2022. Il piano è buono, le finalità sembrano prendere in considerazione la gravità e l’urgenza dell’attuale situazione internazionale, ma i partiti europei si scontrano su temi molto meno importanti. Mentre ci si scanna sulla questione dei migranti, in qualche laboratorio asettico viene messo a punto un letale robot da guerra in grado di fare danni massicci e irreparabili alle cose e alle persone. Il futuro è già arrivato e bisogna prenderne atto.
Antonio Deruda
Geopolitica digitale
La competizione globale
per il controllo della rete
Carocci, pp. 184, euro 17
Galliano Maria Speri